Venerdì 23 settembre è stato firmato a Praga l'accordo di collaborazione tra la Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca e l'Associazione Italiana di Automazione e Meccatronica (AIdAM). Al presidente di AidAm Alessandro Torsoli abbiamo chiesto quali siano i contenuti di questo accordo e quali le possibilità di collaborazione tecnologica e industriale tra Italia e Repubblica Ceca.
Presidente Torsoli quali sono i principali contenuti dell'accordo con Camic?
Grazie all'accordo con Camic vogliamo stabilire una maggiore presenza delle imprese italiane di automazione e meccatronica sul mercato ceco. I dati statistici dicono che la struttura delle aziende industriali ceche sia simile alla condizione italiana. Per questo pensiamo che le imprese ceche possano essere interessate alle nostre soluzioni, le quali si rivolgono a produzioni flessibili e alle PMI. In questo momento vogliamo conoscere maggiormente, tramite la collaborazione con Camic, il modo di produrre delle aziende ceche e le problematiche connesse per poter sviluppare assieme soluzioni e nuove piattaforme tecnologiche. E la parole assieme è fondamentale. Non vogliamo infatti semplicemente vendere un prodotto ma preparare una soluzione adeguata alle singole esigenze.
Il cardine dell'accordo è quindi favorire lo scambio di know-how tra i due Paesi?
Assolutamente sì. La nostra associazione cerca continuamente la collaborazione all'interno dell'Europa. Non vogliamo avere un rapporto unilaterale di vendita, anche perchè crediamo che tramite lo scambio continuo di competenze e tecnologie sia possibile far crescere entrambi i Paesi. Inoltre consideriamo l'Europa un'unica entità comune, dove le collaborazioni di questo tipo incrementano i punti di forza nei confronti di altri grandi players globali come Cina o Stati Uniti. In alcuni settori come analisi di big data, sistemi cloud e in generale il passaggio del contenuto tecnologico da materiale a immateriale, l'Europa ha un grande gap da recuperare.
Il Sistema Italia come si sta approcciando alla tematica dell'Industria 4.0? E lo stato sta dando un suo contributo?
Ci sono sostanzialmente due tipi di situazione. Una parte delle aziende sta già lavorando a livelli molti alti su Industria 4.0 e sono pronte ad avanzare ulteriormente. Un'altra parte del sistema produttivo fa ancora fatica a comprendere bene i concetti chiave dell'Industria 4.0. Molte imprese infatti non hanno compreso che l'Industria 4.0 non prevede solo introduzioni di nuove tecnologie nella produzione ma un cambiamento generale del modello di business. Le aziende dovranno essere pronte ad una maggiore customerizzazione del prodotto, a una completa flessibilità produttiva. Lo Stato italiano si sta cominciando a interessare fortemente del tema. Di recente il ministro Carlo Calenda ha presentato un primo programma da dieci miliardi di euro che dovrebbe favorire il passaggio a Industria 4.0.
Una tematica fortemente connessa all'Industria 4.0 sono i cambiamenti sul mercato del lavoro. Si teme infatti una forte perdita dei posti di lavoro. Secondo lei queste preoccupazioni sono reali?
Si tratta di un tema molto dibattuto. Mi pare tuttavia che ancora non ci siano dati validi su cui basare le eventuali proiezioni di posti di lavoro persi o creati. Rispetto alle rivoluzioni industriali precedenti la circolazione delle tecnologie è oggi molto più veloce e i posti di lavoro vengono ricreati con minore intensità. Un’altra differenza riguarda i territori: non è affatto scontato che i nuovi posti di lavoro vengano creati nello stesso stato o addirittura nello stesso continente, dove sono stati in precedenza distrutti. Si dovrà fare anche un grande sforzo per la riqualificazione dei lavoratori non nativi digitali, visto che con l'innalzamento dell'età pensionabile questi ultimi dovranno rimanere più a lungo nel mondo del lavoro. Si dovrà saper gestire questi punti critici. A questo cambiamento non ci possiamo opporre.
Nello sviluppo di Industria 4.0 è fondamentale la collaborazione con centri di ricerca, università e politecnici. In Italia si riesce a creare partnership adeguate con questi tipi di strutture?
Siamo fortemente impegnati affinchè ci sia una maggiore collaborazione con centri di ricerca e le università. Perciò tra gli associati in AIdAM c'è anche la Scuola Sant'Anna di Pisa e il Politecnico di Milano. E' necessario infatti un grande cambiamento di mentalità tra le imprese e le strutture accademiche che per lungo tempo si sono viste come entità separate. Vogliamo anche rafforzare la collaborazione tra i ricercatori, il cui compito è intuire il futuro, e gli imprenditori, che conoscono la realtà sul mercato.
Fonte: Camic
Fonte fotografia: Archivio Camic