Nei quindici anni passati dall'adesione della Repubblica Ceca (e di altri Paesi dell'area) all'Unione Europea si è verificata una convergenza con le principali economie dell'Europa occidentale. Lo mostrano alcuni indicatori economici.
Negli ultimi quindici anni è salito fortemente il prodotto interno lordo espresso in potere d'acquisto. Il PIL pro capite ceco rappresenta ormai il novanta percento della media dell'Unione Europea. Negli ultimi quindici anni l'indicatore è migliorato di oltre dieci punti nonostante le due fasi di recessione verificatesi tra il 2008 e il 2012. A trainare l'economia non sono state solo le sovvenzioni dirette tramite i fondi europei, ma soprattutto l'integrazione nel mercato comune. «Con l'apertura del mercato unico sono aumentate la competitività, la qualità e la disponibilità dei servizi ed è aumentato il numero di fornitori» ha sottolineato il presidente dell'Unione del Trasporto e Industria, Jaroslav Hanák. Un fattore importante è anche il libero movimento di capitale, che ha garantito l'afflusso di nuovi investimenti.
«Tuttavia all'aumento delle performance dell'economia non è seguito un aumento altrettanto forte del livello di benessere» ha avvertito il vicepresidente della Commissione Europea Maroš Šefčovič (Slovacchia). Tra i Paesi di vecchia e nuova adesione le differenze del costo del lavoro rimangono importanti nonostante i forti aumenti degli ultimi anni. In questo caso i valori dei Paesi di recente adesione non superano il 50 percento della media UE (27,4 euro/h). Ad esempio, il costo di un'ora di lavoro dipendente ammontava nel 2018 a 12,6 euro in Repubblica Ceca, a dieci euro in Polonia e a circa nove euro in Ungheria, mentre in Germania, Austria o Francia il costo supera i 34 euro all'ora. Posizione intermedia invece per gli stati dell'ala sud dell'Unione (più il Regno Unito), dove il costo non supera i trenta euro all'ora e nel caso di Portogallo e Grecia addirittura scende a 14-16 euro all'ora.
Fonte: zpravy.aktualne.cz
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