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19.03.2025

Ci vuole tanto affetto, dice Alberto Brazzale riguardo ai passaggi generazionali in azienda

Alberto Brazzale fa parte dell’ottava generazione della famiglia veneta, che si occupa della produzione di formaggio almeno dalla fine del XVIII secolo. Quest’anno il gruppo Brazzale festeggerà 240 anni dalla fondazione. Al vicepresidente del CdA di Brazzale Moravia, membro del consiglio CAMIC, abbiamo chiesto quali sono i segreti di una tale longevità per un’importante azienda a conduzione familiare, che da oltre vent’anni è presente anche in Repubblica Ceca.

 

Il passaggio dell’azienda tra le generazioni è un tema molto importante anche per gli imprenditori cechi. Come è riuscita la sua famiglia a costruire un importante gruppo che dura da otto generazioni?

Non c’è una formula matematica. Se guardo al passaggio tra me e mio papà, la cosa più importante è stata la formazione e quanto i genitori ti riescano a trasmettere le conoscenze, il saper fare tecnico, industriale e dei rapporti umani e d’affari, le cosiddette soft skills. Sono poi fondamentali i buoni rapporti in famiglia. Il segreto è rispettarsi e volersi bene.

 

Lei è da solo della sua generazione in azienda?

Al momento in azienda siamo in tutto cinque tra i miei fratelli e le mie cugine. Andiamo molto d’accordo e ci ritroviamo in molte occasioni, anche esterne all’azienda. Per me vale purtroppo un po’ meno, perché seguo le attività in Repubblica Ceca, dove risiedo stabilmente. Ho anche delle responsabilità in Italia e seguo il nostro progetto in Brasile, dove abbiamo piantato oltre un milione e mezzo di alberi e grazie al quale il Gruppo Brazzale ha raggiunto la neutralità di carbonio già dal 2018.

 

E come ci si può continuare a voler bene, quando si lavora ogni giorno fianco a fianco anche in situazioni complicate?

La chiave è di nuovo l’educazione. I genitori devono far capire ai figli fin da bambini il valore del denaro, vale a dire che non è scontato, che deriva dal lavoro e dal risparmio e che nessuno in famiglia può pensare di fare niente. Impresa significa soprattutto lavoro, rispetto e anche sacrificio. E questi valori vanno fatti comprendere ai giovani. In questo modo, se si vede che un fratello o un cugino ha più capacità di fare una certa cosa, la si lascia fare a lui. La domanda è se sono capace di fare un certo compito, non se lo voglio. Chiaramente anche in famiglia ci può essere una diversità di vedute, che anzi conferisce prezioso dinamismo all’azienda. Il fatto di volersi bene e rispettarsi non significa che si è sempre d’accordo.

 

Da oltre 20 anni siete presenti in Repubblica Ceca. Rifareste oggi la scelta di investire nel paese?

Se potessimo tornare indietro, avremmo investito dieci volte di più. La Repubblica Ceca è un paese fantastico per fare impresa e per viverci. È un paese pro libero mercato, innovativo e soprattutto con finanze pubbliche a posto. In Italia, invece, abbiamo purtroppo abbracciato una strada diversa fatta di spesa pubblica e debito, che evidentemente non funziona. In Repubblica Ceca ci siamo sentiti bene fin da subito. E lo prova anche il fatto che continuiamo a investire molto anche oggi nelle nostre attività qui, nel caseificio di Litovel e nei nostri negozi La Formaggeria. Se non credessimo nel paese, avremmo un atteggiamento diverso. Ci tengo comunque a dire chiaramente che, a fianco agli investimenti in Repubblica Ceca, il Gruppo continua a investire molto anche in Italia.

 

C’è invece almeno un elemento che il paese dovrebbe cambiare per essere più aperto agli investitori esteri?

Io spero che la Repubblica Ceca non cambi la sua essenza di un paese scettico verso le grandi ideologie. Si tratta di un tratto della vostra cultura, che deriva anche dalle recenti esperienze storiche come il comunismo. Questo sano scetticismo è per me il valore più grande di tutti. È un elemento che si traduce, ad esempio, in una grande prudenza verso l’euro. Noi crediamo che sia molto importante che venga mantenuta la corona ceca, perché il progetto dell’euro è molto difficile da realizzare con un’unica politica monetaria e un unico tasso di interesse per Amburgo, Palermo e Madrid. In questo vedo la differenza rispetto ai tedeschi, che si sono lasciati affascinare molto dalle ideologie dell’Unione Europea, a partire dal recente Green Deal. Noi siamo i primi a favore dei progetti ecologici che le singole aziende vogliono creare per soddisfare i loro clienti e che realizzano per loro propria convinzione. Una cosa molto diversa è però quando un ufficio a Roma o Bruxelles ti dice in modo ideologico e aprioristico cosa è giusto e cosa è sbagliato.

 

L’anno scorso è stato eletto vicepresidente dell’Unione del Latte della Boemia e della Moravia. In che stato si trova il vostro settore?

L’agricoltura ceca ha diversi punti di forza, tra cui aziende molto grandi, che sono quindi capaci di raggiungere economie di scala, grande efficienza economica, investire e svilupparsi. La qualità media degli agricoltori cechi è quindi molto alta. Lo stato e l’Unione Europea dovrebbero permettere all’agricoltura ceca di svilupparsi senza eccessivi vincoli. In Repubblica Ceca è cresciuta molto la produzione del latte negli ultimi anni a dimostrazione della forza del settore. Se non ci saranno delle ideologie che potrebbero limitarne lo sviluppo, l’agricoltura ceca potrà continuare a essere tra le migliori in Europa.

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