Giovedì 19 maggio si è tenuto presso la sede della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca il seminario “Il mercato del lavoro in Repubblica Ceca: numeri, analisi, soluzioni“ realizzato dai soci Camic GI Group e Mazars. Al seminario hanno preso parte, in veste di relatori, Carlo Albanese, Country Manager per la Repubblica Ceca e la Slovacchia di GI Group, Roberto Di Cursi, Direttore Desk Italiano di Mazars area CEE, Gabriela Ivanco, Capo del Dipartimento Personal Income Tax Services di Mazars e Jana Boštíková, Senior Manager, Responsabile del Dipartimento HR & Payroll Services di Mazars.
Il seminario ha presentato un focus sulla situazione del mercato del lavoro in Repubblica Ceca, che ha risentito positivamente della ripresa dell'economia. Negli ultimi due anni il tasso di disoccupazione si è sensibilmente ridotto e attualmente è pari al 5,7%, uno dei più bassi di tutta l'Unione Europea – sottolinea Carlo Albanese-. Al contempo è aumentato il numero delle posizioni vacanti registrate presso le Agenzie per l'Impiego, che ormai sono più di 124 mila. Concretamente le imprese hanno sempre maggiore difficoltà nel selezionare candidati con profili adeguati alle loro esigenze. Tra le posizioni più richieste ci sono specialisti in IT, tecnici e operai specializzati nell'industria e operatori commerciali”.
In numerose regioni ceche si è quindi prossimi ad una situazione di piena occupazione. Ciò incide anche sulle remunerazioni di dipendenti e collaboratori. “Nel 2015 abbiamo assistito ad un notevole incremento dei salari – nota Carlo Albanese –. Ad oggi gli stipendi cechi rimangono ancora fortemente competitivi rispetto alla media dell'Unione Europea. Tuttavia stiamo andando incontro ad un aumento considerevole ed il gap è destinato a ridursi di gran lunga nei prossimi anni. Ovviamente esistono importanti differenze di retribuzione su base regionale: nella capitale ceca si registrano gli stipendi più alti del Paese”.
Per sopperire alla mancanza di manodopera emergono diverse alternative tra cui la possibilità di assumere personale dall'estero. Per i cittadini dell'Unione Europea non esistono obblighi in termini di permessi di lavoro e di soggiorno. Tuttavia è preferibile farsi rilasciare il permesso di soggiorno temporaneo, che facilita il contatto con le istituzioni locali. Analoga situazione per cittadini terzi che sono coniugati e vivono stabilmente con un cittadino comunitario. Più complicato è invece l’iter riguardante gli abitanti di stati terzi, che vengono su diretta richiesta dell'impresa. “In questi casi l’azienda deve ricorrere al cosiddetto permesso duale – dice Gabriela Ivanco –. Bisogna deporre la notifica di posizione vacante presso l'Ufficio per l'Impiego competente, che cercherà nell’arco di trenta giorni possibili candidati tra cittadini cechi e comunitari. Qualora non riesca a trovare un profilo adeguato, la richiesta verrà spostata nel database per cittadini di Paesi terzi. Impostando in maniera opportuna i parametri di selezione e di pubblicazione dell'annuncio è molto probabile che l'Ufficio per l'Impiego non riesca a trovare la figura adatta tra soggetti cechi e comunitari”.
Uno dei possibili “serbatoi” di forza lavoro sembra essere l'Ucraina, dove però il sistema di rilascio di permessi di soggiorno e di lavoro soffre di un problema endemico di corruzione. Il governo ceco vuole affrontare tale situazione e facilitarne il rilascio. “Alcune imprese assumono lavoratori ucraini che hanno permessi validi per altri Paesi dell'area Schengen. Di recente, per esempio, la polizia per gli stranieri ha fatto un blitz in una società di Pilsen e ha scoperto una settantina di ucraini con permessi polacchi. E' un gioco che non vale la candela. La multa per le imprese può arrivare a un milione di corone per ogni persona fuori regola” - avverte Carlo Albanese.
Un’altra alternativa riguarda la struttura stessa dell'azienda che semplicemente può procedere all'outsourcing di sue funzioni secondarie. L'outsourcing permette di concentrarsi sul proprio core business lasciando attività non principali a professionisti – dice Jana Boštíková –. Rispetto alle attività in house, l'esternalizzazione permette un miglior controllo delle spese, una maggiore professionalità ed efficienza. Ad esempio, in riferimento alla contabilità, molte imprese possono trovare conveniente affidarsi ad una società specializzata piuttosto che assumere un contabile proprio, le cui capacità e competenze possono essere limitate. Inoltre emerge anche una questione di sicurezza e tutela in caso di danni provocati all’azienda. Per rivalersi nei confronti di propri dipendenti esistono limiti molto stringenti fissati dal Codice del Lavoro, mentre le società esterne sono coperte da un’assicurazione per tali circostanze”.
L'outsourcing solitamente avviene sulla base di un contratto di Service Level Agreement, che regola i rapporti tra i contraenti. “E' importante prestare grande attenzione alla stesura dell’atto per cautelarsi da disguidi che potrebbero nascere in futuro. E' quindi preferibile essere chiari sul tipo di prestazione che dovrà svolgere il fornitore, sui doveri del cliente, sulle penalità, sulla durata del contratto e sui metodi di disdetta dell'accordo. Può essere molto utile fissare metodi e parametri di valutazione ed una stima trimestrale dei servizi prestati. Per prevenire errori e complicazioni è di grande importanza la comunicazione tra le parti interessate. Unico punto negativo può essere la dipendenza del cliente dal fornitore. Perciò bisogna scegliere con grande attenzione il proprio partner commerciale ricorrendo eventualmente anche ad una gara d'appalto”.
Un altro sistema per ovviare alla mancanza di manodopera è ricorrere ad un'agenzia di lavoro. Il settore in Repubblica Ceca è molto frammentato con basse barriere all'ingresso, comportando la presenza sul mercato di compagnie poco serie. Tuttavia una garanzia è data dall'adesione della società d’intermediazione del lavoro all'APPS, l'Associazione dei Fornitori di Servizi per Personale, che effettua un audit di ogni suo membro. “Attualmente in Repubblica Ceca i lavoratori interinali rappresentano lo 0,9% degli occupati, in linea con la media UE – nota Albanese –. Solitamente le imprese si rivolgono a tali enti per testare personale prima di assumerlo, trovare profili specializzati, adeguarsi velocemente alle esigenze produttive o coprire assenze improvvise o di lungo periodo. L'attuale legislazione ceca non prevede quote massime di lavoratori interinali all'interno del proprio organico come avviene in Italia e in molti altri Paesi europei. Perciò in alcune grandi aziende industriali, come la Škoda Auto, questa tipologia di lavoratori rappresenta anche il 30%-40% del totale”.
La situazione sul mercato del lavoro ceco presenta quindi per le aziende diverse difficoltà che tuttavia possono essere risolte affidandosi a professionisti di risorse umane.
Fonte fotografia: Martina Klírová